Perchè uno psicologo non da consigli

 

La richiesta di consigli del genere a uno psicologo o psicoterapeuta non è rara, anzi. In linea di massima, lo psicologo evita di esprimere una sua opinione personale, non dice al paziente cosa ritenga meglio fare, non dà consigli.
Il paziente a cui lo psicologo ha rifiutato consigli a volte reagisce con rabbia, accusando lo psicologo di non rendersi conto di quanto lui stia male o affermando che andare lì a raccontagli le sue cose più intime non gli serve a nulla.
 

Innanzitutto, uno psicologo che non dà consigli si attiene a quanto stabilito dal Codice deontologico degli psicologi italiani, nel punto in cui sottolinea come lo psicologo sia tenuto ad astenersi dall’imporre il suo sistema di valori: se consiglio a un paziente di fare o non fare una cosa, lo sto di fatto spingendo a utilizzare il mio personale punto di vista sulle cose, ad adeguarsi ai miei schemi mentali e ai miei obiettivi.
Ad esempio a una paziente che mi chiedesse se dovrebbe accettare o meno un’offerta di lavoro all’estero non potrei che rispondere sulla base delle mie idee quanto a famiglia, lavoro, danaro e separazioni, idee che però potrebbero essere diverse dalle sue e non rispecchiare la sua scala di valori, il suo stile di vita, i suoi obiettivi. Il consiglio potrebbe essere in definitiva inadatto a quella persona o addirittura sbagliato, dato che lo psicologo è privo di sfera di cristallo e non prevede il futuro.

La questione però non è soltanto etica. Spesso dare consigli è inutile, perché in quel momento l’altra persona non è capace di ascoltarli né riesce ad accoglierli. Su questo aspetto è sufficiente considerare tutte le volte in cui qualche amico ci ha chiesto cosa fare (un classico è se lasciare la fidanzata oppure no) e poi ha pensato bene di trascurare i nostri consigli, per quanto fossero un concentrato di saggezza.
La mente ha bisogno del suo tempo e un consiglio corretto dato in un momento che non è quello giusto è di fatto inutilizzabile. A volte, dare buoni consigli è come cercare di aprire una porta con una bellissima chiave che è però di un’altra serratura.

E ancora, dando consigli lo psicologo si sostituisce al paziente nel prendere una decisione e risolve un dubbio al posto di quest’ultimo, col risultato che il paziente probabilmente chiederà ulteriori consigli e considererà lo psicologo come un padre onnisciente e se stesso come un bambino piccolo incapace di muoversi nel mondo da solo. Da questo punto di vista dare consigli genera una dipendenza antiterapeutica e fa sentire il paziente ancora più inadeguato e bisognoso.

 
 
Soprattutto se si tratta di un percorso di psicoterapia, uno psicologo aiuta il paziente a:
  • sviluppare nuovi punti di vista da cui guardare se stesso e il suo modo di essere nel mondo;
  • sviluppare nuove abilità per risolvere da sé i suoi problemi e vivere meglio;
  • mettere a frutto le risorse che possiede e che forse ignora o usa male;
  • ampliare il campo delle possibilità di vita, in termini di azioni, emozioni, pensieri, relazioni;
  • accogliere ciò che non può essere cambiato.
In definitiva, uno psicologo lavora affinché il paziente sia capace di camminare sulle sue gambe.
 A questo riguardo a me viene sempre in mente il proverbio cinese Dai un pesce a un uomo e lo nutrirai per un giorno. Insegnagli a pescare e lo nutrirai per tutta la vita.
Dare consigli non accresce la conoscenza che di sé ha il paziente, non aiuta il paziente a cambiare né a costruire degli strumenti che lo rendano autonomo. Dandogli consigli, il paziente non imparerà a pescare.

Font: www.quipsicologia.it