SCRIVERE PER STARE MEGLIO

Scrivere disintossica la mente da angoscia e stress...



Potere della scrittura: creare testi, tenere un diario o sfogarsi sui social network aiuta a conoscersi e a superare ansia scolastica, mobbing, dolori di asma e artrite.
All'Università della California, a San Diego, hanno verificato, con uno studio pubblicato sul British Journal of Health Psychology, che gli omosessuali affrontano meglio le possibili difficoltà sociali se le mettono per iscritto, in una sorta di diario, per almeno due mesi. I tempi moderni hanno portato con sé una moltiplicazione della scrittura per piacere, come hobby. Lo dimostrano su internet i blog, i forum, il resoconto dei propri pensieri sui social network come Facebook. «Il primo approccio alla scrittura avviene quasi sempre attraverso la narrazione personale», spiega Carmen Gelati, ricercatore e docente di psicologia all'Università Bicocca di Milano. «Infatti, i primi testi dei bambini alla scuola primaria sono spesso racconti di esperienze vissute. Purtroppo il mondo del lavoro fa sì che questo genere autobiografico venga spesso abbandonato, soppiantato da relazioni tecniche e lettere formali. E quando viene riscoperto in età adulta, si rivela un piacere puro».

Parlare di se stessi, però, non significa buttar giù parole senza alcuna regola sintattica o impalcatura formale. Ogni testo, anche quello che leggeremo solo noi, ha le sue convenzioni. E i suoi obiettivi: cosa voglio raccontare, perché, come. Se mancano questi mattoni, la pagina diventa un ammasso di frasi che non portano a comprendere quello che attraversa il nostro cuore e la nostra mente, che non ci aiuta a disintossicarsi davvero dai nostri grumi interiori. Non aiuta a capirci né a farci capire. «Scrivere fa parte di quel ristretto gruppo di piaceri dell'età adulta», spiega lo scrittore Antonio Scurati, vincitore del Campiello, nel 2005, con Il Sopravvissuto (Bompiani). «Ci dice qualcosa sul significato di crescere: abbandonare i piaceri più facili per quelli più difficili è tipico del diventare grandi». Lui, che con le parole gioca per professione, non pratica «forme di scrittura privata». Perché i narratori, dice, anche quando tengono un diario lo pensano per un pubblico.
Creare romanzi per capirsi di più

 Non se ne stupisce il ricercatore Gian Luca Barbieri), docente di psicologia dinamica all'Università di Parma, autore del saggio Tra testo e inconscio (Franco Angeli, 2007). «Quando si affronta il foglio bianco l'altro c'è sempre», spiega. «Anche in un diario. In questo caso il destinatario è il lettore che sta dentro di noi». Non c'è, dunque, una vera differenza tra scrivere per sé e per gli altri. E, secondo la psicoanalisi, neanche tra cimentarsi in un'autobiografia o nella narrativa. «Freud sosteneva che i personaggi di un romanzo sono parti di noi che si materializzano sul foglio», nota Barbieri. Addirittura, imbastire una storia anziché le proprie memorie, lasciare da parte l'Io e passare alla terza persona può servire a capirsi ancora di più: la distanza che separa l'autore dai protagonisti di un racconto permette di affrontare nodi che in prima persona magari non si riuscirebbe a guardare in faccia. Scrivere, comunque sia, è un viaggio interiore. E chi è pronto a partire, può tirare fuori carta e penna o il notebook e lasciare uscire le parole.